Comunicato LAv
divulgato in concomitanza con il romanzo-inchiesta di j.safran foer “Se niente importa. Perchè mangiamo gli animali?”
LAV: L’italiano medio in un anno consuma 87 kg di carne e involontariamente QUASI 9 grammi di antibiotici, equivalenti a 4 terapie. Urgente riconvertire l’industria alimentare animale verso sistemi sostenibili L’utilizzo sistematico di antibiotici, somministrati agli animali negli allevamenti intensivi, comporta seri rischi sanitari per la salute umana: i farmaci rimangono spesso nei tessuti degli animali e arrivano al piatto dei consumatori. Per produrre 1 kg di carne sono impiegati mediamente 100 mg di antibiotico.
L’Autorità alimentare europea, EFSA (European Food Security Authority), effettua un monitoraggio costante del fenomeno e ha rilevato come in molti casi i cibi di origine animale trasmettano all’uomo batteri resistenti agli antibiotici. L’ingestione continuata - tramite la carne - di questi medicinali può alla lunga provocare disturbi intestinali cronici e inefficacia di trattamenti antibiotici a scopo terapeutico quando ne sorga la necessità. I batteri, se in costante contatto con gli antibiotici, sviluppano una resistenza a quei determinati antibiotici. Ciò significa non avere la possibilità di guarire dalle patologie trasmesse dai batteri in questione, con esiti potenzialmente anche fatali.
Sull’argomento la LAV (www.lav.it) ha redatto il dossier “Rischio sanitario degli allevamenti intensivi. Resistenza agli antibiotici e nuove malattie”, divulgato in concomitanza con la pubblicazione in questi giorni in Italia del romanzo di Jonathan Safran Foer “Se niente importa. Perché mangiamo gli animali?” (Guanda editore): un libro-inchiesta, autobiografico, che ha creato un grande dibattito negli Stati Uniti perché descrive con grande realismo il sistema degli allevamenti intensivi, mettendone in discussione la necessità e in evidenza le sofferenze inflitte agli animali. Da questa indagine deriva il percorso dell’autore verso la scelta vegetariana.
“Il consumo di carne comporta rischi sanitari di cui si parla ben poco in Italia e di cui raramente i consumatori hanno consapevolezza: dal rischio di assumere antibiotici ‘a pranzo e a cena’, al rischio di venire a contatto con patogeni – derivanti primariamente dal consumo di carne – che hanno sviluppato resistenze agli antibiotici”, dichiara Roberta Bartocci, biologa, responsabile LAV settore Vegetarismo. Di seguito, un elenco dei principali patogeni - derivanti primariamente dal consumo di prodotti animali - che hanno sviluppato resistenze agli antibiotici e rappresentano di conseguenza un pericolo per la salute umana.
La Direttiva 2003/99/CE, recepita in Italia con il Decreto Legislativo 191/2006, sancisce l’obbligatorietà per gli Stati Membri di attivare un sistema di sorveglianza per l’antibiotico resistenza in agenti patogeni di origine animale e umana. Le condizioni di vita degli animali negli allevamenti industriali sono responsabili del loro debole stato di salute, per ovviare al quale è necessario ricorrere spesso a farmaci, in particolare ad antibiotici. Senza tali preparati, non sarebbe possibile far funzionare alcun allevamento intensivo. Il primo antibiotico utilizzato nel settore allevamento, negli anni ’40, fu la penicillina. Di seguito, si scoprì che la streptomicina, aggiunta alla dieta dei polli, ne accresceva il peso. Con il passare degli anni e il decremento del costo degli antibiotici, il loro utilizzo come farmaci e come integratori per il loro effetto di promotori della crescita è andato aumentando. L’impiego degli antibiotici come promotori della crescita è stato vietato nell’UE in due momenti: nel 1999 e nel 2006. Secondo la FAO entro il 2050 i consumi di carne raddoppieranno.
Oggi si calcola che gli animali allevati sulla Terra siano circa 10 volte gli umani: si contano 1.300.000.000 di bovini, 1.000.000.000 di suini, 1.700.000.000 di ovini e caprini, ben 52.000.000.000 di avicoli, 900.000.000 milioni di conigli, senza considerare altre ampie categorie come gli animali acquatici. “Raddoppiare questi numeri significa portare al collasso la Terra sotto il profilo ecologico e sanitario e, di conseguenza, anche economico, oltre che etico per il costo di miliardi di vite animali - prosegue Roberta Bartocci - In altre parole, i cittadini pagheranno sempre di più con la loro salute un metodo di produzione animale altamente rischioso: un tema che dovrebbe essere tra le priorità di coloro che si occupano di politica e di sanità, dal momento che una sana alimentazione è un’efficace sistema di prevenzione di numerose patologie. E’ indispensabile e improcrastinabile riconvertire il sistema alimentare attuale verso un sistema ‘sostenibile’ iniziando dal non considerare più gli animali come cibo, né come cibo indispensabile perché così non è: proteine, carboidrati, vitamine, sali minerali e benefici grassi sono ampiamente disponibili nel mondo vegetale.”
“La riconversione dell’industria alimentare basata sugli animali avrebbe anche rilevanti risvolti sociali – sottolinea Paola Segurini, responsabile LAV settore Vegetarismo e di cambiamenu.it - perché il problema dell’accresciuta popolazione che soffre la fame non dipende, come ormai ammettono in modo unanime gli esperti, dalla mancanza di cibo, bensì dalla sua iniqua distribuzione e dal fatto che si produce cibo per ingrassare gli animali allevati, la cui carne è destinata alle popolazioni spesso in soprappeso dei Paesi sviluppati, anziché rendere questo cibo accessibile a più di un miliardo di persone che soffrono la fame.”
Maria FalvoResp.le Ufficio Stampa LAVVia Piave 7 - 00187 Romatel. 06 4461325 - 339 1742586 - fax 06 4461326ufficiostampa@lav.itwww.lav.it
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