Montesilvano cocorso fotografico per gli studenti

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L'Albero della cuccagna

sabato 20 febbraio 2010

Non sono mancate vivaci polemiche, sia in casa cattolica che israelita
Per la visita di Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma
ROMA, 20 Febbraio ’10 - Un esperto che può aiutarci a fare luce sulle possibilità e i limiti del dialogo cattolico-ebraico è il Rabbino Jacob Neusner, statunitense, docente di storia e teologia dell'Ebraismo a New York e scrittore prolifico, la cui produzione supera le 900 pubblicazioni. Si tratta, oltretutto, dell'autore citato a più riprese da Benedetto XVI nel suo bel libro dedicato a Gesù di Nazareth (2007). Il Pontefice lo definiva, in quell'importante testo che metteva in chiara luce il vero volto del Redentore, dopo le aberrazioni dell'esegesi contemporanea, come un «erudito ebreo» (p. 93), apprezzato specialmente per la sua opera Un rabbino parla con Gesù (2007).
Ora lo stesso erudito del giudaismo ci offre in un libretto pubblicato la prima volta nel 1991, e appena tradotto in italiano, una sintesi dei suoi approfonditi studi circa il rapporto tra Cristianesimo e giudaismo (post-biblico), ovvero tra l'attuale Chiesa e l'odierna Sinagoga (cfr. J. Neusner, Ebrei e cristiani. Il mito di una tradizione comune, ed. San Paolo, 2009, ? 18).
La conclusione della sua decennale ricerca è anticipata fin dalle prime righe del libro: «Mentre attualmente cristiani ed ebrei intraprendono un dialogo religioso, non esiste ora né vi è mai stato un dialogo tra le religioni, tra Ebraismo e Cristianesimo. Il concetto di una tradizione ebraico-cristiana condivisa da Ebraismo e Cristianesimo è solo un mito inteso nel senso peggiore: una menzogna» (p. 7). Tutto il problema in realtà si gioca per noi cristiani sulla coerenza, pur nello sviluppo, tra Nuovo ed Antico Testamento e per gli Ebrei nel loro legame con la Torah, nell'interpretazione che essi ne danno però alla luce del Talmud e dei Midrashim. Alcuni anni fa, la "Pontificia Commissione Biblica", presieduta dal card. Ratzinger, approfondendo siffatte tematiche dichiarò che «Il Nuovo Testamento esprime [.] al tempo stesso il suo legame con la rivelazione dell'Antico Testamento e il suo disaccordo colla Sinagoga» (Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia cristiana, n. 83). Ebbene: se per noi cristiani l'Antico Testamento è da leggere alla luce del Nuovo, e tutta la Bibbia (AT + NT) è da leggere alla luce dell'infallibile Magistero della Chiesa, e per gli Ebrei la Torah (che non coincide con l'Antico Testamento cattolico) va compresa alla luce della loro Tradizione, il legame tra le due religioni, come attualmente si configurano, è meno che sottile.
Il Cristianesimo inoltre, al contrario dell'Ebraismo (e dell'Islam) non è una "religione del Libro", ma la religione del Verbo Incarnato (cfr. CCC, n. 108). La fede, la morale, la liturgia, la disciplina, tutto insomma nel Cristianesimo (anche la tanto celebrata Parola di Dio) va vissuto in rapporto a Cristo, che è Dio da Dio, e alla Chiesa, che ne è il Corpo Mistico, e non idolatrando un Testo sacro (pur ispirato).
La conclusione nell'ambito che qui ci interessa non può che essere quella del Rabbino Neusner quando afferma che «Ebraismo e Cristianesimo sono religioni completamente diverse, non differenti versioni di una religione» (p. 11). Ciò che scrisse tempo fa Benedetto XVI a proposito dell'Islam, introducendo un libro di Marcello Pera, può dirsi analogamente anche dell'attuale Ebraismo (post-veterotestamentario): il solo dialogo immaginabile è tra persone, tra credenti, ma a livello teologico, tra le stesse religioni, viste le opposte e irriducibili premesse, esso è impossibile ed inutile per tutti.
Da "Corrispondenza Romana" n.1130 del 20/2/2010
http://www.corrispondenzaromana.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1179&catid=31

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