Da Abruzzo Press - comunicato stampa
CHIETI, 11 Febbraio ’10 - Questa mattina si è tenuta, nella sede della facoltà di Economia e Commercio di Pescara, la conferenza stampa: “Innovazione di sistema nell'era delle risorse scarse un prototipo di rete per lo sviluppo a cicli chiusi”. L’incontro ha offerto la possibilità di esaminare i risultati della ricerca condotta da Gianni Caramanico per il Dipartimento di Scienze dell'Università “G. D'Annunzio” di Chieti – Pescara. Oltre all'Autore erano presenti il preside emerito Mario Giaccio, il vicepresidente della Regione Abruzzo e assessore allo Sviluppo Economico Alfredo Castiglione, il presidente di Abruzzo Sviluppo Nello Rapini e il vicedirettore dell’Unione Industriali di Chieti, Teodoro Ivano Calabrese.
Lo studio che prende spunto dall’analisi dello sfruttamento irrazionale delle risorse naturali e i ri
schi incombenti sui settori-chiave per la sopravvivenza, da quello energetico a quello alimentare, di fatto già trova applicazione nell’area abruzzese della Maiella nell’ambito del Patto sviluppo Maiella.
«Siamo nell’era delle risorse scarse – ha dichiarato Gianni Caramanico, autore dello studio – quindi dobbiamo iniziare a ridurre il loro “consumo”, l’entropia che generiamo e il caos globale dei sistemi produttivi (come dei mercati). Per fare un solo esempio – ha aggiunto – il consumo di risorse naturali per anno è pari a circa il 30% in più della disponibilità sulla terra: questo vuol dire che di questo passo, il deficit cumulato al 2050 sarebbe pari a 34 anni di produttività biologica della terra. Peccato che sarà difficile trovare altri 34 pianeti.»
Il primo esperimento di rete per lo sviluppo a cicli chiusi è nata in Abruzzo nel 2005 con il Patto Sviluppo Majella, il cui primo programma operativo ET-Bioenergy mira a implementare i cicli chiusi (che riescono ad usare le risorse in continuo) energia-ambiente trasformando i costi industriali, agricoli e civili in ricavi per la collettività, nuove imprese e posti di lavoro (35-40 pdl ogni 5 millioni investiti, che danno energia a 400-500 famiglie), riduzione dell’inquinamento (il famoso “ero-emissions”, sicurezza ed autosufficienza energetica, e la garanzia di iniziare la transizione dalle risorse fossili (di cui sta iniziando la curva di esaurimento, cioè la parte discendente della produzione) a quella delle rinnovabili. Inviando a digestione anaerobica le biomasse di scarto in Italia, si potrebbero creare circa 100.000 posti di lavoro, coprire il 7% del fabbisogno totale di metano, 9 volte quello per i trasporti, l’1% di quello elettrico totale e puntare all’eliminazione delle discariche.
A differenza delle fonti fossili, che si possono considerare industrialmente ‘centralizzate’, le rinnovabili per le loro stesse caratteristiche richiedono proprio nuove reti di produzione, distribuzione ed uso locale delle risorse che solo approcci come quelli descritti possono implementare.
Il Tavolo ha lanciato a fine 2006 le operazioni per la rete d’imprese e il polo di innovazione energia, attirando già in regione alcuni milioni di euro di capitali privati esteri, e ha raggiunto accordi con il polo energetico ortonese (Confindustria) per ricerca e innovazione congiunte finalizzate per una concreta e fattibile migrazione dai sistemi energetici basati sui fossili a quelli che usano efficientemente le rinnovabili. Si è quindi creato un asse marrucino che mette insieme gli esponenti dell’esistente e dell’innovazione prossima ventura in una rara combinazione di forze e d’intenti.
«Siamo nell’era delle risorse scarse – ha dichiarato Gianni Caramanico, autore dello studio – quindi dobbiamo iniziare a ridurre il loro “consumo”, l’entropia che generiamo e il caos globale dei sistemi produttivi (come dei mercati). Per fare un solo esempio – ha aggiunto – il consumo di risorse naturali per anno è pari a circa il 30% in più della disponibilità sulla terra: questo vuol dire che di questo passo, il deficit cumulato al 2050 sarebbe pari a 34 anni di produttività biologica della terra. Peccato che sarà difficile trovare altri 34 pianeti.»
Il primo esperimento di rete per lo sviluppo a cicli chiusi è nata in Abruzzo nel 2005 con il Patto Sviluppo Majella, il cui primo programma operativo ET-Bioenergy mira a implementare i cicli chiusi (che riescono ad usare le risorse in continuo) energia-ambiente trasformando i costi industriali, agricoli e civili in ricavi per la collettività, nuove imprese e posti di lavoro (35-40 pdl ogni 5 millioni investiti, che danno energia a 400-500 famiglie), riduzione dell’inquinamento (il famoso “ero-emissions”, sicurezza ed autosufficienza energetica, e la garanzia di iniziare la transizione dalle risorse fossili (di cui sta iniziando la curva di esaurimento, cioè la parte discendente della produzione) a quella delle rinnovabili. Inviando a digestione anaerobica le biomasse di scarto in Italia, si potrebbero creare circa 100.000 posti di lavoro, coprire il 7% del fabbisogno totale di metano, 9 volte quello per i trasporti, l’1% di quello elettrico totale e puntare all’eliminazione delle discariche.
A differenza delle fonti fossili, che si possono considerare industrialmente ‘centralizzate’, le rinnovabili per le loro stesse caratteristiche richiedono proprio nuove reti di produzione, distribuzione ed uso locale delle risorse che solo approcci come quelli descritti possono implementare.
Il Tavolo ha lanciato a fine 2006 le operazioni per la rete d’imprese e il polo di innovazione energia, attirando già in regione alcuni milioni di euro di capitali privati esteri, e ha raggiunto accordi con il polo energetico ortonese (Confindustria) per ricerca e innovazione congiunte finalizzate per una concreta e fattibile migrazione dai sistemi energetici basati sui fossili a quelli che usano efficientemente le rinnovabili. Si è quindi creato un asse marrucino che mette insieme gli esponenti dell’esistente e dell’innovazione prossima ventura in una rara combinazione di forze e d’intenti.
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